mercoledì 12 marzo 2014

Perché l'amore è una guerra vinta, ma la morale è una strategia perdente.

Il tatto è quel subdolo e disonesto comportamento umano in uso ai diplomatici i quali se ne servono per far credere ai poveretti di rispettarli e di non volerli manipolare.

Questa riflessione mi è giunta poiché pensavo al vero senso dell'amicizia, non ho potuto fare a meno di pensare a quanto sia inutile un rapporto di amicizia quando in esso mancano la lealtà, la sincerità, la schiettezza e l'affetto profondo.

Si sente tutti i giorni parlare di amore, questa parola è di gran lunga la più abusata di tutte, soprattutto dalle persone che, per riempire il vuoto che sentono dentro, pensano che basti parlarne in continuazione per arrivare a capire cosa esso sia.

Questa ad esempio è la più grossa menzogna che si sta raccontando l'umanità, con tutte le sue false religioni il cui "amore" altro non è che una scatola vuota, tutta dorata, decorata, ma vuota.

Come si riallaccia alla riflessione di partenza? E' semplice: il bigotto medio pretende il politically correct, una parola talmente viscida che non si può nemmeno più dire in italiano, tocca dirla all'anglosassone, perché politicamente corretto non è sufficientemente politically correct.

Il bigotto medio, che in Italia corrisponde all'italiano medio, la persona mediocre per eccellenza, quella che si dice comunista ma vive nel lusso, che si dice laica e poi si scandalizza per tutto ciò che esula dalla morale cristiana, che dice di amare il prossimo e venderebbe sua madre, nella realtà fattiva altro non è che il poveretto che si fa manipolare.

Certo può darti fastidio, chiunque sia intellettualmente onesto è infastidito dal suo doppio gioco, dalla sua incoerenza di fondo, dalla sua schizofrenia intellettuale, ma alla fine è una povera vittima.

Il mondo infatti non è di chi anziché dirti "sei uno sfigato" ti fa capire con giri di parole che non sei all'altezza della sua elite, il mondo è di quello che pubblicamente non ti caga di striscio ma poi, quando ti incontra in un vicolo, o ti riversa in faccia ciò che pensa oppure ancora ti caga direttamente in testa.

Perché quella è diplomazia.

Certo l'esempio che ho fatto è banalissimo, un vero diplomatico riderebbe di gusto poiché parliamo di una persona dotata di uno stile e di un'intelligenza invidiabili, una dote rara insomma, infatti i potenti sono pochi eletti, ed io ho iniziato a dubitare del fatto che si possa essere tali senza avere certe doti.

Ciò che confonde è che molto spesso i potenti si circondano di gente di scarsissimo spessore, quelli che potremmo definire in maniera anglofona ma non poi così politicamente corretta degli yes men.

Lo yes man è quell'idiota che è sufficientemente scaltro da invidiare i potenti ma non sufficientemente per esserlo, è abbastanza intelligente per capire che lui è un poveretto ma non abbastanza per capire la vera differenza che corre tra lui e loro, è sufficientemente motivato per decidere di imparare a seguire le loro orme ma non sufficientemente consapevole per capire che gli manca qualcosa che, se ce l'avesse, sarebbe già uno di loro.

E dunque cosa fanno i veri potenti? Lo usano come un manichino. Lo mettono in una posizione di potere, gli mettono in mano qualcosa di già organizzato, già impostato, già collaudato, qualcosa che magari è talmente codificato nella cultura che si può studiare in una scuola, qualcosa i cui principi sono già stati codificati e revisionati, qualcosa per cui esiste sia una dottrina che una giurisprudenza, qualcosa che insomma si possa fare scimmiottando quello che hanno già fatto gli altri.

Lo yes man infatti è proprio in questo stato mentale: scimmiottare il potente per diventare tale. Per cui gli sembra naturale che se ad esempio gli viene data la carica di segretario di un partito debba semplicemente scimmiottare chi l'ha coperta prima di lui.

E dunque succede spesso che lo yes man nel tempo diventi una persona di successo perché la plebaglia vede in lui quello che hanno fatto i suoi predecessori, lui ad un certo punto diventa un attore talmente bravo che diventa credibile, e questo avviene perché è lui il primo a crederci.

E quindi un qualunque yes man potrebbe essere l'esperto economo che va al governo per la sua fama accademica, in teoria è colui prende su in pompa magna un governo tecnico salvatore del disastro spalleggiato dai veri potenti che agiscono in sordina, e poi ti accorgi che era un qualunque yes man perché da questo promettente governo tecnico scopri che la soluzione panacea per uscire da una crisi economica il massimo che è stato fatto è stato scimmiottare gli ultimi 50 anni di mediocrità aumentando le tasse e dimenticandosi di un problema clamoroso come gli esodati.
Complimenti per la competenza! Ci vorrebbero più economisti come voi! Si, se volessimo distruggere tutto ce ne vorrebbero altri.

E si... stavo parlando di Monti. Quello è lo yes man per antonomasia.

Solo che se io dico che Monti è un idiota sono politicamente scorretto, se lui invece porta un paese alla rovina per la sua manifesta incompetenza, per quanto lui non sappia di avercela, allora quello è politicamente corretto, basta che si esprima bene quando parla in pubblico. Tanto tatto e nessuna strategia per lo yes man premier, tanta strategia e nessun tatto per chi manovra alle spalle. Lungi da me voler arrivare alla sua identità in questo blog.

Il nostro manovratore a sua volta è ben lungi dal voler essere corretto, il vero potente è quello che ha creato lo yes man premier, gli ha furbamente delegato quel po' di potere che doveva avere, ben sapendo che il suo mandato sarebbe stato limitato dalla sua stessa incompetenza. Ecco quello si che ne sa di potere, quello si che è un vero potente, lui sa benissimo che Monti è l'idiota di turno, non si fa problemi a ragionare in termini politicamente scorretti per un motivo molto semplice: se lo facesse non sarebbe un bravo diplomatico e dunque perderebbe il suo potere immediatamente.

Detto diplomatico non si sa chi sia, è quello che sta sopra Monti, ma anche sopra Berlusconi o Renzi o Grillo, quello che è sufficientemente potente e furbo da decidere chi mandare, avere la vera ultima parola e non doverci nemmen mettere la faccia.

Il mondo è suo. Lui decide e sa benissimo quanto sia una merda il bigotto medio. Ed è là dove il bigotto medio è ignorante e gretto lui divide et impera.

Per dirla terra terra: te lo mette nel culo col sabbione però ti ha preventivamente convinto che dire "ahia" sia maleducazione, quindi subisci in silenzio, anzi, tu bigotto ti preoccupi che nessun altro dica "ahia".

In pratica gli regali la vittoria e difendi il suo podio in cambio di una vessazione.

Posto che in questo blog non volevo parlare di potenti ne tantomeno appunto giungere all'identità di queste persone, la ragionevole conseguenza che mi sovviene è questa, che è poi il ragionamento da cui ero invero partito.

In una spassosa chiacchierata avvenuta qualche giorno fa con un amico gli ho fatto notare come sussistano certe cose che non si possono dire alla propria fidanzata. E lui, che è molto meno rincoglionito di quanto voglia far credere, mi ha scherzosamente risposto: "come ad esempio dirle che è grassa?". Io: "beh così mi scadi di stile, hai preso proprio la prima del decalogo, puoi fare di meglio".

Dal riconoscere un po' di questa falsa etichetta di fondo nel loro rapporto è partita la mia riflessione sulla maggiore autenticità che sta in un'amicizia, che si è poi ricondotta ad una riflessione sulla scarsissima autenticità che c'è in quella schiavitù reciproca che tipicamente chiamiamo amore:
se una persona che ami è grassa la cosa più ovvia da fare è dirglielo.

Non c'è amore nel mentirgli/le e lasciarlo/a da solo/a nel rovinare la propria salute.

Allora come fa ad essere sano un rapporto dove la sincerità, se non è omologata ad un canone, diventa scomoda o comunque motivo di dissapori?

Cioè se il tuo fidanzato omette un particolare spiacevole con il solo fine di farti contenta transitoriamente cosa ci guadagni? Non è forse come una dipendenza da una droga dove l'approvazione omologata alle regole di quello che è un gioco sociale standardizzato, apparentemente priva di forzature ma in realtà forzata, ti aliena dalla realtà e ti tiene lontana dal risolvere un problema che hai e che è anche grave?

Posto che il tuo fidanzato, se sta con te, probabilmente non gli interessa se sei grassa anche se lo sei veramente, sennò non ci starebbe, ma quanto è autentico un rapporto del genere? Possiamo chiamarlo amore?

Io penso proprio di no. Infatti poi non risponde a nessuna definizione dello stesso, posto che di sensate io non ne ho ancora lette da nessuna parte.

Se per te trovare l'amore è trovare qualcuno che ti mente consapevolmente per farti felice stai vivendo un amore bigotto, falso, fatto di menzogne omologate, di dichiarazioni non spontanee che nascono da un codice morale ben preciso, un rapporto di mutua dipendenza che funziona esattamente come una droga: fattivamente sono un aborto umano però ho una persona che non fa che ripetermi che sono un dio, non mi importa se è vero o falso, l'importante è che continui a dirmelo così mi dimentico della realtà.

Ma se ti fai una dose sufficientemente forte di una qualunque sostanza stupefacente non ti dimentichi di tutti i tuoi problemi lostesso?

Una cosa a me compare evidente: possiamo chiamare questo tipo di approccio in tanti modi, ma amore è sicuramente l'ultimo. Infatti per come la vedo io è un'interdipendenza, uno stupefacente sociale che fa effetto ad entrambi i partecipanti alla farsa.

Il suddetto amico era stato piuttosto brusco con la fidanzata, certo la stessa cosa si può dire gentilmente senza per questo essere falsi, e ad onor del vero non aveva invero fatto niente di speciale, anzi, aveva fatto quello che chiunque dovrebbe fare ovvero ragionare, agire e vivere indipendentemente da lei. Tuttavia io l'ho provocato e l'ho fatto sentire in colpa, ho recitato con lui la parte del bigotto medio, volevo vedere fino a che punto è consapevole di come si vive un rapporto dove l'amore è autentico e fino a che punto è condizionato dal codice morale vigente.

E dunque l'ho messo davanti ad un controsenso: da un lato gli ho detto che non ci si comporta così con la fidanzata, dall'altro gli ho detto in faccia esattamente quello che pensavo di lui con la stessa crudezza con cui lui aveva trattato lei, facendo peraltro la parte dello stronzo che ti spiattella in faccia gratuitamente una critica esacerbata della sua gravità.

Ovviamente la mia opinione non era contingente e dovuta al suo comportamento con la fidanzata ma era basata sull'intera esperienza conoscitiva che io ho nei suoi confronti, per cui gli ho spiegato in che modo io vivo l'amicizia, più o meno come sto cercando di fare qui nel blog, e gli ho mostrato che i suoi difetti ce li ho tutti li, sotto gli occhi, ma che questo non mi impedisce di amarlo e di considerarlo un amico.

E quindi mi sono detto, tra me e me, ma se fossi al suo posto (io sono single) mi sentirei più amato da una fidanzata che mi dice "che gnocco che sei" e non mi ricorda che sono grasso o da un amico che la prima cosa che mi dice dopo 6 mesi che non mi vede è "non ti sei ancora messo a dieta?".

Personalmente vedo molto più amore nella seconda.

Certo puoi dire la stessa cosa in maniera gentile senza essere falso, ma se vuoi spaccare i vincoli che portano all'inerzia, al lasciarsi andare, al trascurare la propria salute, non puoi essere delicato.

Se non fosse una questione di amore autentico perché mai un amico, peraltro estremamente giovane, salterebbe un appuntamento con la propria fidanzata per stare due giorni con te?

Forse perché inconsciamente si rende conto che il rapporto che tipicamente costruiamo con un partner in questa società ed in questo periodo storico è un rapporto di mera circostanza, magari non sa spiegarsi il perché, magari si sente in colpa quando la fidanzata fa le sue rimostranze, non si capacita dentro del perché pur provando per lei attrazione ed affetto non riesce a darle quello che lei vuole, gli sembra tuttavia normale che sia così perché a sua volta non ottiene da lei ciò che vuole.

In verità nessuno dei due sa quello che vuole, se glielo chiedi ti risponderà in maniera più o meno confusa qualcosa che si potrebbe tradurre in "cerco amore", ma non ha la più pallida idea di cosa sia. E questo perché vive in una società dove amore è tutto ciò che non hai.

Ma l'amore è tuttaltra cosa, ciò che non hai è l'aberrazione del politicamente corretto che ti conduce a riconoscere come amore tutto ciò che la società non è in grado di darti, ma quello non è amore, è una compensazione. Quello è scambiarsi l'autorizzazione, tipicamente esclusiva, ad accedere l'uno/a ai genitali dell'altro/a con il salvacondotto per le malelingue, la trasformazione in lecito di un'esigenza fisiologica vituperata mascherandola da amore che non è.

E questo non è un discorso che riferisco a queste persone in specifico dal momento che sono molto più distaccate e serene della media, parlo di chiunque.

Io vedo questo nella maggior parte delle coppie, e mi fa una tristezza enorme vederlo, perché lo chiamano amore, ci mettono dentro tutti i peggiori pastoni precotti come l'amore della morale cattolica, il matrimonio, ecc. lo chiamano amore ma è solo un rapporto di interdipendenza basato su un codice morale che prevede la sussistenza di una comunicazione priva di spontaneità e politicamente corretta, un'etichetta in sintesi, che deve essere preservata intonsa e che, al primo sfregio, decade e diventa motivo di guerra.

Una persona a cui devo molto dice sempre: "i matrimoni moderni sono come lo yogurt, hanno la data di scadenza impressa già da quando escono dalla fabbrica". Ed è tristissimo toccare con mano nella vita quotidiana che ha ragione.

L'amico di cui ho parlato non ha ancora chiarissima sta cosa, la sta vivendo, io lo sto punzecchiando affinché riesca a vederla, il mio amore per lui mi fa sentire in dovere di mostrargliela affinché possa avere l'opportunità di essere consapevole di cosa sia una forma d'amore schietta e autentica, come ad esempio la mia che mi porta a punzecchiarlo crudelmente e dargli consigli "sbagliati".

Io vorrei che arrivasse ad avere chiaro quello che ho chiaro io. Per farlo spesso ricorro a espedienti crudeli, perché ciò che è autentico è forte, ciò che è forte è crudo e ciò che è crudo può spesso essere crudele quando ci tocca in prima persona.

E' uno di quei casi in cui il fine giustifica i mezzi, talmente importante come fine che qualunque mezzo è lecito. In amore ed in guerra infatti tutto è lecito.

Quanta tristezza mi fanno quei coniugi che per mere questioni di principio, tra cui ad esempio l'adulterio, fanno la parte delle vittime e si lanciano nelle peggiori meschinità pur di farsela pagare a vicenda. Gente che fino a 10 minuti prima non faceva altro che parlare d'amore, di fede, di rispetto e poi si vede quanto hai capito del rispetto, meno di zero.

Ma come fai a dire che ami una persona se non sei capace di lasciarla libera di scopare con chi vuole?

Se tu pensi che un essere umano debba scopare solo con te significa che tu pensi di possedere quell'essere umano, che lo consideri una tua proprietà come l'auto o la casa, dunque per te il matrimonio è un atto di proprietà legale, il fidanzamento è un compromesso di vendita .... quanta tristezza mi fa.

Sarà che io sono infastidito anche dal cellulare sulla scrivania, è mio, lo uso, mi serve, è piccolo, eppure la sua presenza è invadente.

Se per me è così difficile gestire un oggetto così piccolo ed inerte figuriamoci cosa me ne faccio di un intero essere umano ... niente! Anzi, troppa roba! Mi accontento di molto meno. Mi basta fare l'amore ogni tanto, non è che poi perché non voglio vederti non ti voglio bene, anzi, è proprio perché ti voglio bene che ti aiuto ad essere libero/a.

Il mio ruolo nella tua vita è renderti forte e libero/a, è esserci se hai bisogno ma anche non esserci se non hai bisogno. In altre parole la mia presenza nella tua vita non è un limite ma un aiuto a ciò che desideri fare, se vuoi condividerlo con me io sono felice, ma se non vuoi farlo ... beh ... sono felice lostesso.

Certo se sparisci, se non mi consideri più, se ti dimentichi che devi esserci quando io ho bisogno e non esserci quando io non ho bisogno, quello è un tradimento, l'unico tradimento che esiste ovvero il fatto che per me non hai più rispetto e/o considerazione. Ma questo è davvero difficile da fare, devi impegnarti per farlo (e qualcuno con me c'è riuscito pure, quindi in effetti non c'è limite al peggio).

Quindi se ciò di cui hai bisogno è un pugno sui denti, perché in assenza di esso la tua vita sta derivando verso una grigia condizione di non morte, il mio amore per te è darti un pugno sui denti, cogliere il tempismo per farlo affinché quel pugno riaccenda la tua vita e ti riporti a vivere tutte le sue emozioni e le sue dinamiche, compreso il conto del dentista che TU dovrai pagare.

Se io sento amore per te significa che le nostre vite condividono una meta, un qualcosa di superiore che non ci è necessariamente noto, ma siccome sappiamo che è importante la tua vita per me è importante tanto quanto la mia.

E dunque io sono quel parere esterno e distaccato che si accorgerà che stai facendo una cazzata ancora prima che tu la faccia, ma sarò anche il braccio che ti toglierà dalle macerie quando vi sarai seppellito, il coraggio di strappare via il dente marcio procurandoti un dolore immenso ma anche la forza di spingerti ad agire per il meglio quando esiterai, la saggezza che ti distoglierà dall'eccessivo attaccamento e dipendenza affettiva ma anche l'affetto sincero per consolarti veramente quando sarai disperato. E se siamo amanti sarò la persona con cui condividere i piaceri dell'intimità ma anche colui che ti lascerà in pace quando avrai la sacrosanta necessità di stare con qualcunaltro.

E quindi non mi lascerò condizionare da un'etichetta, se di amore si tratta tutte queste cose usciranno da me nella maniera più spontanea, cruda, rozza e politicamente scorretta, per il semplice fatto che il cuore ama e odia senza vie di mezzo, tertium non datur. Il resto sono segoni mentali e dunque non è amore ma è morale. Non c'è pezza.

Allora non mi interessa del tatto, anzi fanculo al tatto, al politicamente corretto, il mondo è di chi è sufficientemente coraggioso da usare una schietta diplomazia con gli amici, una scaltra diplomazia con i nemici. In altre parole il mondo va vissuto col cuore perché chi si perde in segoni mentali è tagliato fuori. E' un semplice fatto fisico: se viaggi sulla retta arrivi prima a destinazione di chi fa dei gran ghirigori.

La diplomazia schietta è accettare che le persone che ti amano veramente difficilmente saranno con te delicate, con esse vivrai gli estremi e dunque davanti a loro dovrai accettare di mettere tutti i tuoi pregi e difetti su un piatto in bella vista e venire costantemente lodato per i pregi e criticato per i difetti. E non importa se il prezzo della schiettezza è che i difetti diventino dolenti, perché è l'unico modo per vivere qualcosa di vero.

Allo stesso modo la diplomazia scaltra è quella che ti porta a fare il buono ed il cattivo tempo col nemico, egli per te non sarà dunque più un essere umano ma carne da macello, e nemmeno qui nessuno sarà delicato o politically correct. Pensare che qualcuno possa essere carne da macello è difatti politicamente scorretto, contro ogni morale in voga in questo periodo storico, ma è l'unica cosa che ti rende padrone della vita e vincitore, poiché chi perde difficilmente sarà libero di beneficiare della schiettezza di amici ed amanti sinceri.

Ciò detto l'unica cosa che dovrebbe rimanerti nel cuore è una semplice brezza nella quale risuona una frase banale come os-cia la diplomazia(1), un fuoco ardente che distilla veleno per liberarti di un tetro nemico e cercare la prosperità, tertium non datur.

Perché nel cuore, per come è fatto, non può passare niente di più complicato di questo.


Note a piè:
(1) caspita la diplomazia


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