domenica 12 gennaio 2014

Fluidità

La riflessione di oggi verte su un tema estremamente delicato e controverso. Su questo tema tutti hanno qualcosa da dire ma, come per tutti i temi scottanti, nessuno riesce a trarre una conclusione che sia sufficientemente esemplificativa della realtà che ci circonda.

Se cerchiamo di definire la vita scientificamente infatti ci accorgiamo che la nostra scarsa conoscenza dei parametri che la regolano ci impediscono di circoscriverla in una definizione.

Rispondere a questo interrogativo va ben oltre le mie capacità cognitive, soprattutto se ci fissiamo su una cosmogonia di stampo scientifico razionalista.

Personalmente ho preso l'abitudine di mettere da parte la pretesa razionalistica di spiegare tutto e preferisco di gran lunga darmi spiegazioni umane sostenibili. Cosa intendo per spiegazione "umana e sostenibile"? Intendo una qualunque cosa che, seppur incompleta da un punto di vista razionale, mi consenta di delineare il ruolo umano della persona comune all'interno di un qualunque contesto.

Si tratta di rinunciare a spiegare il perché delle cose, è inutile dire che il coperchio sta sul contenitore perché è avvitato (spiegazione scientifica), mentre è utile descrivere il contenitore in tutte le fasi della vita umana. Se ad esempio dico che all'interno del contenitore c'è lo zucchero che utilizzerò nei prossimi mesi della mia vita per dolcificare il caffè non ho posto nessun accento sull'aspetto strettamente tecnico della questione però ho spiegato quella parte legata alla mia quotidianità. E' superfluo fissarsi sul come si svita il tappo, su come si prepara il caffè, su quanto ne utilizzo poiché ai fini della mia vita e del motivo per cui bevo caffè è del tutto ininfluente.

Allo stesso modo posso parlare della vita da un punto di vista della mia quotidianità e, con essa, di quella di tanti che potrebbero avere le mie stesse esigenze.

Da questo approccio io definisco la vita come "l'insieme delle cose che desidero fare, degli atti che desidero compiere e dei bisogni che devo soddisfare".
In altre parole, nell'impossibilità di collocare la vita nella cosmogonia che attualmente è di moda (la visione raziocentrica) mi sono creato una cosmogonia nuova, fatta di valori e priorità differenti e più attinenti a ciò che vado indagando.

Questo mio approccio alla vita è il risultato di una riflessione che parte dal presupposto di depurare ogni surplus ideologico dalla realtà fattiva che mi circonda, ivi compreso quello scientifico. In questo modo mi sono lasciato alle spalle moralismi, tecnicismi, contesti, implicazioni religiose, storiche e sociali.

Semplicemente mi sono immaginato come solo, dentro al mio corpo, in mezzo al mondo, senza niente. Cosa rimane?
Quello che ho detto: l'insieme delle cose che desidero fare e dei bisogni che devo soddisfare.

Fissato il presupposto, con l'aiuto della mia capacità analitica, ho dunque iniziato a studiare gli altri, cercare di leggere dentro le loro azioni, soprattutto quelle non ponderate, per capire quali siano i desideri ed i bisogni. Ho così scoperto che esiste un terzo parametro che sballa la linearità di questo semplice assunto: la paura.

Infatti la maggior parte delle persone risponde a questo semplice meccanismo salvo paura.

Analizzando i comportamenti delle persone infatti è più facile accedere alle paure che ai desideri, spesso infatti il più intimo dei desideri è celato dietro la più grande delle paure. Il motivo per cui questo avviene è in parte da imputare alla subcultura di matrice cristiana che fonda buona parte dei suoi principi su dogmi irrazionali che possono essere tutelati solamente instillando paure giovanili che frenano la naturale propensione dei giovani a scoprire il mondo con estrema energia e sete di chiarezza.

Ma cosa c'è nel giovane che manca nell'adulto e che relega quest ultimo ad una stasi evolutiva?

In realtà è il contrario, è nel giovane che manca qualcosa: l'attaccamento. Purtroppo è parte della natura umana l'attaccamento alle cose, alle persone, con l'andare del tempo ci si attacca persino alle paure. Ed è proprio per questo che le persone, invecchiando, perdono la capacità di cambiare.

Ci si attacca al modo di pensare, al metodo, al senso che abbiamo dato alle cose fino a quel momento, ed è per questo che col tempo si perde la capacità di concepire l'uso improprio delle cose, poiché le stesse si cristallizzano nella mente ed assumono una forma sempre più solida che, come un enorme macigno in un fiume, si oppone allo scorrere rapido della vita che invece è come l'acqua dentro l'alveo la quale, se potesse, scorrerebbe libera e veloce dalla sorgente alla foce.

Più passano gli anni e meno si è disposti a cambiare idea, cambiare stile di vita, cambiare abitudini, gusti. E questo perché l'alveo in cui scorre la nostra vita è sempre più costellato di enormi macigni che ne determinano un corso deforme e malsano. Ho conosciuto persone che, vittime di questo meccanismo involutivo, si sono addirittura attaccate ad un qualche malessere, talmente attaccate da rifiutare ogni possibile via di guarigione.

Per questo non è facile capire quali siano i veri desideri delle persone, poiché essi sono sepolti sotto la cortina di ferro formata dalle paure e dagli attaccamenti, spesso tramandati od ereditati da genitori e conoscenti, ma che rispetto al sano e naturale scorrere della vita si comportano esattamente come fa un cancro in un organismo che prima era sano.

Sarà un caso che l'incidenza del cancro è sempre più alta in percentuale?

Cercare di capire questo negli altri era in realtà un modo che avevo trovato di perseguire i miei desideri aggirando le pietre. Avevo perso talmente tanto il contatto con ciò che desideravo realmente che ho dovuto fare un giro assurdo per ripristinare i desideri di base, per scoprire infine che mi sono dovuto sorbire un lunghissimo e scomodissimo volo transoceanico per arrivare nel ripostiglio. Ma ero partito dal corridoio!

Questo perché i desideri base di ogni uomo sono poi cose banalissime, cose che nessuno si sognerebbe di mettere nemmeno in discussione, eppure la maggior parte delle persone finisce per appesantirle con terribili pietre, appesantire cose che diversamente sarebbero semplici e fluide, un semplice fiume con un alveo ed un flusso d'acqua normale.

Ma la delirante cultura anglosassone ci dice che un ruscello non interessa a nessuno, i fiumi seri sono il Rio delle Amazzoni, il Nilo, il Danubio ... una cascatella non è degna delle cascate del Niagara. Insomma vince chi ce l'ha più grosso e, a parità di dimensioni, chi urla più forte.

Ma la realtà non è così. Nella realtà non c'è solo il Rio delle Amazzoni, c'è anche l'Ausa che d'estate è secco, ci sono gli elefanti ma ci sono anche le formiche. Ed ognuno ha il suo ruolo, sarebbe anzi un problema se anche solo una di queste cose non ci fosse. Eppure alcune non sono così imponenti come le vorrebbe la mente, forse perché il loro ruolo è proprio quello di non farsi notare, di agire in sordina, senza troppa fama, senza troppo rumore, insomma senza il troppo.

Vita e salute sono quindi per me due aspetti estremamente correlati. Si ammala chi è morto, e muore colui che preferisce costellarsi di pietre enormi anziché rendersi fluido davanti alla vita. Il fiume è bello quando piccole pietruzze sul fondo vengono dolcemente levigate dalla corrente, ma che dire di un fiume dove ci sono più massi che alveo?

E così ci si disinnamora di quelle enormi pietre, ci si disinnamora di tutto ciò che è esagerato, enorme, fuori luogo. Insomma ci si disinnamora del troppo che, se prima poteva sembrare desiderabile ci si accorge che è invero un seccante impiccio che si oppone alla libertà di partire senza preoccuparsi di avere al seguito un carico pagante degno di un camion pieno di pietrisco.

La fluidità è puntare dritto ai propri desideri senza complicazioni, senza morale, senza macchia ma anche senza onore, per il semplice fatto che vivere in definitiva è esplorare quale sia il sapore delle cose:

il sapore del cibo che desideri mangiare, il sapore del sentimento che ti fanno provare le esperienze, le persone, soprattutto quando l'insieme di queste cose si inserisce in un disegno superiore che le orchestra armonicamente e quando le singole persone, consapevolmente, decidono di proseguire proprio con quel fine.

Per scoprire quindi infine che qualunque regola razionale, anche la più banale, è una pietra che si interpone tra la vita che scoppia di salute e che ti conduce dritto al soddisfacimento di un semplice ed ovvio desiderio, ed una grigia morte fatta di noia e di frustrazione, che è quel flutto che si infrange sull'enorme pietra e che impedisce all'acqua di scorrere, quella pietra fatta di regole, morali, ideologie e attaccamenti.

Io ho smesso di preoccuparmi di dare una spiegazione razionale proprio perché mi sono reso conto che avevo la necessità di far scorrere l'acqua nel mio alveo che era arrivato a contenere talmente tante pietre che un altro po' e si faceva una diga, che ogni spiegazione altro non era che un'altra pietra, e quindi dovevo fare l'esatto contrario: togliere pietre, non metterne di nuove.

Solo quando ho iniziato a ragionare così ho ricominciato a vedere i miei desideri, senza ostacoli nel mezzo, nella loro forma più cruda ed umanamente becera, e nonostante alcuni di essi siano qualcosa di assolutamente poco bello ed elegante mi sono comunque ripromesso che da quel momento in avanti avrei iniziato a ritenerli sacri affinché nessuna ideologia o sistema morale potesse trasformarsi in una pietra sul cammino della mia salute.

Esplorare i propri desideri è come discendere la corrente torrentizia a bordo di una canoa, una missione che inizia quando nasci e che ti espone costantemente al pericolo di morire, pericolo che presto o tardi diventa realtà, motivo per cui non ha nessun senso evitare la discesa nella sua forma più intensa e spericolata poiché questo corrisponde si ad un prolungamento della vita stessa, ma a che prezzo?

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